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11 Novembre 2020

Di Bella racconta come cambierà l’IRVO

Di Bella racconta come cambierà l’IRVO

sebastiano_di_bellaIl neo presidente dell’ente siciliano, unico nel suo genere in Italia spiega gli obiettivi per il vino e l’olio.

“Più coinvolgimento delle aziende nelle scelte. Il Vinitaly? Continuerà a gestirlo l’assessorato, ha fatto un buon lavoro”. E poi la ricerca, “asset fondamentale. Ma serve di più interagire con tutto l’agroalimentare siciliano”

 

Idee chiare, con progetti rivolti al futuro, ma con occhi ben puntati sul presente. Che appare meno difficile di quello che era fino a qualche tempo fa, ma che necessita di particolari attenzioni. Lui è Sebastiano Di Bella, neo presidente dell’Irvo Sicilia, l’Istituto regionale vini e oli di Sicilia. E già questa è una notiza, visto che l’istituto ha trascorso gli ultimi anni sotto una amministrazione commissariale. E non poche vicissitudini. Ora il nuovo corso. Di Bella, produttore di vini e socio di una enoteca a Palermo conosce bene il mondo del vino. Ma soprattutto conosce bene anche la politica siciliana e tutti i suoi protagonisti, non fosse altro perché è stato segretario generale dell’Assemblea Regionale Siciliana. Un ruolo di primissimo piano per le istituzioni dell’Isola. E allora come sarà l’Irvo firmato Di Bella? Lui spiega subito i suoi quattro punti cardine attorno ai quali ruota la sua “mission”: ricerca, sperimentazione, divulgazione e promozione. “Abbiamo ben chiaro quello che dobbiamo fare e cercheremo di dare seguito ad ognuno di questi quattro obiettivi – dice Di Bella – ma dobbiamo farlo poco alla volta, perché le risorse economiche sono quelle che sono e serve cautela”. La parola d’ordine è condivisione. Ed ecco l’idea: “Coinvolgeremo vari partner per ognuno dei quattro progetti, cercando, in questo modo, di ottimizzare le risorse”.

Tra i progetti di sperimentazione c’è quello delle zonazioni: “Se n’é parlato tanti anni fa anche sull’Etna – dice Di Bella – era coinvolto anche il professor Attilio Scienza. Poi tutto si è fermato. Credo che nelle zone più avanzate, non solo dal punto di vista enologico, ma anche sui mercati, e il Vulcano è proprio una di queste zone, ce ne sia davvero un gran bisogno”. Sulla promozione Di Bella non ha dubbi: “Stop ai maxi progetti, non ci interessano al momento – dice – La mia idea è quella di scegliere da uno a tre Paesi target, insieme ai privati che potrebbero avere degli interessi in questo settore, che sia Europa, Nord America o Asia e concentrare su questi i massimi sforzi. Magari cominciando con uno solo”. Ma c’è di più. “Ormai il brand Sicilia è riconosciuto nel mondo per le sue eccellenze non solo enologiche – dice il presidente – C’è l’agroalimentare, c’è la cultura, c’è il turismo. E allora se tutti questi settori, invece di andare per conto proprio, remassero tutti nella stessa direzione, si potrebbe pensare di presentarci nelle grandi fiere compatti, tutti insieme, ovviamente dove questo è possibile anche per un fatto logistico. Penso al vino, certo, ma poi all’olio, al formaggio e alle produzioni agroalimentari più in generale”.

Ancora non si è discusso del prossimo Vinitaly e di cosa cambierà nel padiglione Sicilia: “Non ne abbiamo parlato – dice Di Bella – Il dipartimento Agricoltura ha fatto bene, non vedo perché cambiare. Non vedo nell’immediato un coinvolgimento dell’Irvo come nel passato. In ogni caso ci attiveremo per reperire fondi, che non possono essere più soltanto quelli regionali. La nostra bravura, adesso, deve essere quella di intercettare risorse comunitarie. Penso che siano indispensabili per dare una prospettiva a quest’ente”.

Capitolo certificazione. Ormai la questione dei maxi ritardi sembra essere un brutto episodio lasciato alle spalle: “Siamo quasi in linea con quello che dovevamo fare quest’anno, oltre l’85 per cento di lavoro fatto – assicura Di Bella -. Come tempi di risposta, siamo nella media nazionale. Di solito ci vogliono 15 giorni lavorativi. Credo che la nostra certificazione dia un valore aggiunto alle produzioni siciliane. Siamo un ente terzo e quindi imparziale”. Sulle fascette per la Doc Sicilia che nel 2022 diventeranno obbligatorie Di Bella sa che per l’Irvo è un nuovo impegno economico. Bisogna anticipare le somme per acquistarle e poi farsi rimborsare dalle cantine. “È un tema che conosciamo. Impegno gravoso, certo, sia in termini organizzativi che economici perché il poligrafico le vuole ordinate e pagate in anticipo, almeno una parte – dice Di Bella – Ancora è presto per parlarne e in ogni caso ne parleremo in sede di definizione di contratto. Se il costo delle fascette va anticipato dall’Irvo, allora anche i pagamenti al nostro istituto andranno fatti contestuali. In ogni caso valuteremo i criteri di economicità”.

Contratto rinnovato per altri tre anni per la certificazione dei vini a denominazione prodotti a Malta: “Ma noi non andiamo in giro a cercare clienti da inserire in portafoglio – dice Di Bella – Non ci siamo posti questo problema. Stiamo solo cercando di rendere ancora più efficiente la nostra certificazione”. Che resta quindi un asset di riferimento per la vita dell’ente per quanto le prospettive anche nel breve periodo faranno emergere la necessità di potenziare il servizio. Ma Di Bella è pronto ad accettare la sfida. Anche con lo stesso spirito della condivisione con altri partner come nel caso della promozione? Si vedrà. Poi c’è il capitolo olio. “Per noi – dice il presidente dell’Irvo – anche l’olio ha una sua centralità. E non solo perché certifichiamo l’Igp Sicilia e la piccola Dop Valdemone. Qui le prospettive sono immense. C’è tanto lavoro, non ci sottrarremo”. Anche sulla ricerca c’è tanto da fare e Di Bella conosce bene i vantaggi che può portare al vino perché li ha sperimentati da produttore. Lui è il proprietario di vigneti sparsi tra la provincia di Palermo a San Giuseppe Jato e nella zona di Noto. Da presidente non può sbilanciarsi, tutti i vitigni sono buoni per fare grandi vini in Sicilia, “perché è il territorio che decide e la lezione dei francesi è insuperata”, dice. Tuttavia è ancora piacevolmente meravigliato di cosa può regalare un vitigno come il Catarratto coltivato ad alte quote. E la conferma che la Sicilia del vino ha ancora moltissimo da dire. E la ricerca può aiutare moltissimo. E l’Irvo dovrà fare la sua parte.

L’Irvo, oggi, vanta 54 dipendenti in organico più una serie di collaboratori, che sono circa una quindicina. Ha tre sedi distaccate, a Marsale e Alcamo in provincia di Trapani e Milazzo in provincia di Messina.

 Articolo da: “Cronache di Gusto 05/11/2020”

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